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Articolo di Caterina  http://www.consumovirtuoso.it

È proprio vero che l’agricoltura intensiva, con le sue monocolture, i suoi pesticidi e i suoi OGM, è la soluzione per sfamare il mondo?

Questa è la versione ufficiale della storia, ma a ben guardare, è una versione che presenta molte contraddizioni e lati oscuri: ne abbiamo parlato mercoledì 11 gennaio al terzo incontro di “Cibo, salute e ambiente”.

Una rivoluzione “verde dollaro”

L’agricoltura attuale è figlia della Rivoluzione verde , che negli anni ’40 ha spianato la strada alle ricerche su pesticidi e varietà geneticamente selezionate, con la finalità dichiarata di combattere la fame nel mondo. Secondo l’agiografia ufficiale, il padre della rivoluzione è stato il genetista Norman Borlaug, che con le sue ricerche sulle varietà di grano e mais in Messico ha permesso di creare colture resistenti ai climi avversi dei paesi del Terzo Mondo, e nel 1970 ha ricevuto il premio Nobel per la pace per il suo impegno per debellare la fame.

Ma dato che la scienza non può progredire senza il denaro di chi la finanzia, la domanda fondamentale da porsi è: chi c’era dietro a Norman Borlaug?

La risposta è: la Fondazione Rockefeller, ovvero i signori del petrolio. Nel 1941 la Fondazione elargì dei fondi al governo messicano per le ricerche sul mais: li chiamarono “sforzi di cooperazione”, ma non dimentichiamo che in quell’epoca gli equilibri internazionali erano fortemente sconvolti, e il metodo preferito per convincere gli altri a “cooperare” erano le bombe. La famiglia Rockefeller aveva grossi investimenti da proteggere in Messico, e il modo migliore per farlo era quello di stabilizzare il suo governo per evitare infiltrazioni comuniste. Sono questi gli interessi che hanno permesso a Norman Borlaug di compiere le sue ricerche, aprendo la strada nel 1943 alla nascita del Mexican Agriculture Project, che nel 1963 è diventato il CIMMYT  (Centro Internazionale di Miglioramento del Mais e del Grano).

Chi controlla il petrolio controlla il paese, chi controlla il cibo controlla la popolazione”, ha detto Henry Kissinger, e i Rockefeller lo avevano capito proprio bene. I veri vincitori, quelli che hanno scritto la storia, sono loro.
È così che l’agricoltura tradizionale si è trasformata in agribusiness, un’industria tra le più lucrative al mondo, basata sul monopolio delle sementi e sulladipendenza da petrolio e fonti non rinnovabili: con la nascita dell’agribusiness, il controllo dell’intera catena alimentare è passato in poche mani (i signori del petrolio e multinazionali agricole come Monsanto, Syngenta e Dupont) e la popolazione mondiale si è ritrovata completamente defraudata della sovranità alimentare.

Quale sostenibilità?

Eh già, perché nonostante i signori dell’agribusiness si riempiano la bocca di slogan come sostenibilità e rispetto dell’ambiente, in realtà questo sistema ha fatto molte vittime: prima tra tutte, il suolo, attaccato dalle sostanze tossiche e depauperato dalla perdita di varietà e biodiversità. Il risultato è che la terra è diventata più fragile e meno fertile, mentre insetti impollinatori fondamentali come api e farfalle stanno via via scomparendo.

Ma oltre alla salute del suolo, anche quella umana è attaccata da più fronti: sono innumerevoli i casi di avvelenamenti e malattie provocati dalle sostanze tossiche contenute in pesticidi e fertilizzanti. Celebre è il caso che ha coinvolto l’intera cittadina di Anniston, Alabama, dove la Monsanto ha scaricato PCB  nel suolo e nelle acque per 40 anni. Migliaia di persone si sono ammalate di cancro o hanno manifestato disturbi della tiroide o degli ormoni sessuali, o una riduzione del QI (nei bambini) e la relazione tra queste patologie e gli elevatissimi livelli di PCB nel loro sangue è stata dimostrata. Nel 2001, 20.000 abitanti di Anniston hanno denunciato la Monsanto, e i documenti confidenziali resi pubblici per l’occasione hanno svelato che l’azienda era perfettamente cosciente dell’elevata tossicità dei PCB e dei loro rischi per la salute. E lo sapeva benissimo anche la FDA (la Food and Drug Administration) che dovrebbe essere il massimo organo di tutela dei consumatori: lo sapevano e non hanno fatto niente, perché erano troppo forti gli interessi in gioco.

Per la contaminazione di Anniston, la Monsanto è stata condannata a pagare 700 milioni di dollari di indennizzo: ma nessuno è andato in galera. Come nessuno è andato in galera nel caso del Roundup , il celebre pesticida a base di glifosato che la Monsanto propagandava come “biodegradabile” e “più sicuro del sale da cucina”, anche se in realtà è estremamente tossico per l’ambiente e la fauna acquatica, e provoca malformazioni negli animali. Queste e altre storie sono raccontate nel documentario Il mondo secondo Monsanto , di Marie-Monique Robin, che mette bene in luce come la connivenza tra multinazionali e istituzioni sia totale, e come questo renda molto difficile la sopravvivenza di una scienza davvero indipendente.

E poi naturalmente, a pagare un prezzo salatissimo sono i contadini, che sonocostretti ad acquistare le varietà geneticamente modificate spesso con l’inganno (promettendo rese che poi non corrispondono alla realtà) o con la costrizione (in seguito alla contaminazione genetica delle varietà tradizionali, i contadini sono costretti a pagare le royalty e a utilizzare i semi OGM). E dato che gli OGM sono progettati apposta per resistere a determinati pesticidi (prodotti dalle medesime multinazionali), i contadini sono obbligati a comprare anche i pesticidi e si ritrovano indebitati fino al collo. Non riuscendo poi a ripagare i debiti con i raccolti, cadono inmiseria e abbandonano le campagne oppure, come succede in India, si suicidano. A partire dagli anni ’90, da quando sono stati introdotti quelli che Vandana Shiva definisce i semi del suicidio , oltre 100.000 contadini indiani si sono suicidati.

Un’altra storia

Altro che debellare la fame, come vorrebbe la storia ufficiale: in realtà, l’agricoltura intensiva crea una nuova povertà, che colpisce la terra e le persone. Ci sono però delle alternative, che ruotano intorno a un’agricoltura diversa, un’agricoltura rispettosa dei ritmi della natura e della salute delle persone. In questo senso, l’agricoltura biologica rappresenta una forma di resistenza, ed è questa la storia che abbiamo voluto raccontare mercoledì: è una storia che racconta di “soluzioni locali per un disordine globale ”, come le definisce Coline Serreau, che è andata per tre anni in giro per il mondo a raccogliere testimonianze di questa resistenza.
Dai movimenti come Cibo, contadini e libertà  in India alle attività di associazioni come Kokopelli per la liberazione dei semi e della Terra, allecooperative e aziende agricole biologiche e ai mercati locali che spuntano ormai funghi e sono sempre più numerosi, ovunque queste iniziative di resistenza rispondono all’esigenza di:

  • Ridare vita alla terra
  • Riconquistare l’autonomia
  • Salvaguardare la salute
  • Combattere il potere dei pochi

Per questo motivo, ci sembra opportuno raccontarle e supportarle: “mangiare è un atto agricolo”, ha detto Wendell Berry. “Ed è anche un atto ecologico e un atto politico”, aggiunge Michael Pollan. Ogni giorno, con quello che scegliamo di metterci nel piatto, possiamo fare la differenza.

Tag(s) : #RISORSE ENERGETICHE
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